La pallottola straordinaria

CE 399 e la teoria della “pallottola singola”.

Il reperto 399 della Commissione Warren, detto anche “pallottola magica” dai critici del Rapporto finale di quell’inchiesta, è un proiettile quasi intatto (vedi foto) che fu ritrovato, il pomeriggio del 22 novembre, su una barella del Parkland Hospital. In modo del tutto arbitrario, la CW decise che si trattava della lettiga con la quale il governatore Connally era stato portato in sala operatoria. La collocazione di quel proiettile sulla barella utilizzata per Connally, era necessaria ai fini di una minima sostenibilità della teoria della “pallottola singola”, secondo cui un solo proiettile aveva causato tutte le ferite non mortali subite dal Presidente e dal Governatore. Poichè Connally era seduto davanti a Kennedy, e la pallottola si presumeva fosse arrivata da dietro, la teoria stava in piedi solo dimostrando che il proiettile proveniva dalla barella di Connally. E l’avvocato della Commissione, Arlen Specter, fece l’impossibile affinché fosse soddisfatta questa impellente necessità, anche se nessun testimone da lui interpellato confermò la sua ipotesi. Insomma, la Commissione decretò che quel proiettile, dopo aver trapassato Kennedy, Connally e il polso di quest’ultimo, aveva terminato la sua folle corsa infilandosi nella coscia sinistra del Governatore, da cui era in seguito fuoriuscita, andando in qualche modo a posizionarsi sulla barella.

Ma cerchiamo di capire quali circostanze furono all’origine della bizzarra teoria, e perché la Commissione Warren fu costretta, malgrado un ampio ma soffocato dissenso, ad accettarla come “ipotesi persuasiva”.

Agli inizi di dicembre del 1963, a meno di due settimane dall’assassinio di Kennedy, l’FBI consegnò, alla già insediata Commissione Warren, un rapporto contenente i risultati delle indagini sull’attentato. In esso si affermava che l’unico responsabile era Lee Harvey Oswald, il quale, dalla finestra del sesto piano del Texas School Book Depository, aveva esploso tre colpi, andati “tutti” a segno. Il primo aveva colpito Kennedy alla schiena, il secondo aveva trapassato il torace di Connally, e il terzo aveva colpito in pieno la testa del Presidente.

Se la dinamica della sparatoria ricostruita dall’FBI fosse stata confermata dalla successiva inchiesta, comunque non sarebbe stato facile sostenere l’ipotesi che un mediocre tiratore come Oswald avesse potuto, con un fucile vecchio e difettoso, centrare il bersaglio tre volte su tre in pochissimo tempo, ottenendo i risultati “straordinari” che tutti conosciamo. Ma a complicare ulteriormente il quadro investigativo, intervenne, oltre al film di Zapruder, una circostanza inizialmente ignorata dall’indagine dell’FBI.

James Tague, un uomo che si trovava su Commerce Street, all’imbocco del sottopasso ferroviario, era stato colpito di striscio alla guancia sinistra da una scheggia di pallottola, o da una scheggia del marciapiede che la pallottola stessa aveva colpito nei pressi del punto in cui Tague assisteva al corteo.

Siccome non vi era alcun dubbio che Tague fosse stato ferito da un proiettile che aveva mancato la limousine, e si era altrettanto certi che un’altra pallottola aveva devastato la testa del Presidente, volendo sostenere l’esistenza di soli tre proiettili, bisognava concludere che quello rimanente aveva causato le restanti sette ferite non mortali subite da Kennedy e dal governatore Connally. Nella sostanza, l’ipotesi del singolo attentatore si reggeva esclusivamente sulla teoria secondo cui la stessa pallottola aveva, in sequenza, trapassato il collo di Kennedy, poi il torace e il polso destro di Connally, e infine era andata a placarsi nella coscia sinistra del governatore. Durante il suo devastante viaggio, la pallottola quasi nuova che vediamo all’inizio di questa pagina, aveva sbriciolato una costola, e fratturato il radio di Connally. Da precisare che il materiale mancante sulla punta della pallottola fu asportato per essere analizzato, quindi l’unico piccolo danno subito dal proiettile dopo “tutto quel lavoro” è rappresentato da ciò che vediamo alla sua base.

La straordinarietà della precisione e della traiettoria del proiettile sarebbero aspetti anche sostenibili, se isolati dal contesto generale, ma la posizione e le caratteristiche delle sette ferite non mortali, la posizione del presunto assassino alla finestra del sesto piano del Book Depository, la quercia sottostante che si interpone tra l’arma e il bersaglio, la scarsa abilità dello sparatore, l’arma scadente, e la brevissima durata della sparatoria, sono alcuni dei tanti particolari che nel loro insieme escludono la possibilità della prodigiosa performance attribuita a quella pallottola.

Al Bethesda Hospital, durante l’autopsia sul corpo del Presidente, il medico che cercò di sondare la ferita alla schiena, disse che quel foro era talmente poco profondo da poterne sentire la fine con il dito mignolo, e in quella ferita non c’era alcuna pallottola. Come ipotizzarono gli stessi medici dell’autopsia, il proiettile era probabilmente uscito in seguito alla pressione esercitata durante il massaggio cardiaco operato dai dottori dell’ospedale di Dallas. E sarebbe stata la spiegazione più ovvia, date le caratteristiche della ferita e la quasi integrità della pallottola ritrovata. Così come sarebbe stato più logico pensare che non poteva esserci stato un solo attentatore, dato che, oltre alle ferite di cui sopra e a tutti i problemi connessi, c’era da dar conto anche del parabrezza scheggiato e di un foro nella cromatura dello stesso.

Purtroppo, però, la rassicurante soluzione offerta dall’ipotesi del “pazzo solitario” richiedeva il sacrificio della logica e del buon senso. E la Commissione Warren, forse credendo che l’opinione pubblica avrebbe passivamente accettato le sue conclusioni, consegnò alla storia una delle più grandi assurdità balistiche che l’essere umano ricordi: “la teoria del proiettile singolo”.

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Nota Personale (VDC) L’assassinio di John F. Kennedy rimane uno degli eventi più dibattuti del XX secolo. Che si creda alla versione ufficiale del “cecchino solitario” o si propenda per ipotesi complottiste, è fondamentale approcciarsi alla questione con rigore intellettuale, consapevoli di due distorsioni cognitive che spesso influenzano il nostro giudizio:
  1. L’Effetto dell’Informazione Errata: Esporre un soggetto a dati inaccurati prima di analizzare un evento può alterarne il ricordo o l’interpretazione, portandolo a costruire narrative coerenti con quelle informazioni iniziali. Nel caso JFK, ciò potrebbe riguardare testimonianze manipolate o documenti decontestualizzati, usati per sostenere tesi opposte.
  2. Il Bias di Conferma: Tendiamo a selezionare e valorizzare solo le prove che confermano le nostre convinzioni preesistenti, ignorando elementi contraddittori. Questo è particolarmente evidente tra chi difende a priori una teoria (ufficiale o alternativa), trasformando l’analisi storica in uno scontro ideologico.
Un Invito Alla Riflessione Per evitare queste trappole mentali, è essenziale basarsi su fatti concreti e domandarsi: quali elementi hanno riscontri oggettivi? Prendiamo ad esempio i tre colpi esplosi a Dallas:
  • La traiettoria del proiettile che colpì Kennedy e il governatore Connally, definita “ballisticamente unica” da alcuni esperti.
  • La velocità e la precisione richieste per eseguire tre colpi in 8.3 secondi con un fucile Carcano, arma nota per la sua scomodità.
  • Le incongruenze tra i rapporti autoptici e le testimonianze oculari.
Queste anomalie, prese singolarmente, potrebbero essere casualità. Ma la loro combinazione solleva interrogativi legittimi, spingendo a chiedersi: quante "coincidenze" sono necessarie prima di riconsiderare una narrazione? Restare Nel Campo della Logica Non si tratta di abbracciare ciecamente una teoria, ma di interrogare l’evidenza senza pregiudizi. La storia è piena di eventi improbabili, ma quando le improbabilità si accumulano, la ricerca della verità richiede onestà. Sia che si creda a Lee Harvey Oswald come unico colpevole, sia che si sospetti una regia occulta, l’importante è evitare scorciatoie mentali. L’invito è a preservare l’elasticità del pensiero. La verità storica spesso risiede nelle sfumature, non nelle certezze assolute. Esplorate, dubitate, confrontate le fonti—ma fatelo per voi stessi, non per confermare un’ideologia. Il resto, come sempre, appartiene alla vostra curiosità critica.