Evidenze di complotto alla finestra del sesto piano del Texas School Book Depository

Il covo dell’assassino

Nonostante tutte le cineprese e le apparecchiature fotografiche utilizzate in Dealey Plaza, a Dallas, il 22 novembre 1963, non esistono immagini, conosciute, che ci mostrano la finestra del sesto piano del deposito dei libri durante la sparatoria che mise fine alla vita del Presidente John F. Kennedy.

Ci dobbiamo accontentare del filmato amatoriale girato da Robert Hughes, che si trovava nei pressi dell’incrocio tra Main e Houston Street quando la limousine presidenziale entrò in Dealey Plaza. Seguendo l’auto, con l’obiettivo, fino a quando essa svoltò in Elm Street, Hughes riprese diversi fotogrammi di quella finestra proprio mentre Kennedy vi si trovava sotto. Purtroppo, però, la ripresa fu interrotta quando la limousine scomparve dalla visuale di Hughes, e cioè qualche attimo prima dell’inizio della sparatoria.

Non più di 3 secondi dopo si sarebbe udito il primo colpo.

Come potete vedere, le immagini n. 2 e 3 non ci mostrano nulla che faccia pensare a un fucile, ma notiamo solo una scatola posta nella zona centrale della parte semiaperta della finestra. Eppure mancava solo qualche attimo al primo sparo. Se poi consideriamo che il Presidente si trovava proprio sotto quella finestra, e che, quindi, l’assassino avrebbe dovuto sparare con il fucile quasi perpendicolare alla strada, ci sembra davvero strano che quest’ultimo non abbia iniziato a puntare la sua vittima, e che non si veda l’arma, o quantomeno la sagoma di una persona. Anche questo fatto sta ad indicare che difficilmente la fonte del primo sparo fu la finestra dell’estremità sud-est del sesto piano del Book Depository. Anzi, quasi certamente quel proiettile fu esploso da un’altro edificio. Probabilmente il Dal Tex Building.

Le tre versioni del fotogramma del film di Hughes che aprono questa pagina, sono il punto di partenza di un altro interessante ragionamento.

Le frecce nere delle foto n. 2 e 3 ci indicano che, in quel punto della finestra, non c’era nulla, qualche secondo prima dell’inizio della sparatoria.

Ma all’incirca un minuto dopo…….

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1 – Fotogramma del film amatoriale girato da Robert Hughes. La freccia rossa indica la limousine mentre svolta su Elm Street. Quella nera indica la finestra del presunto covo dell’assassino.

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2 – Spettacolare close-up dello stesso fotogramma mostrato qui a sinistra, con ingrandimento della finestra del sesto piano del TSBD. Mancano soli 2 o 3 secondi all’inizio della sparatoria.

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3 – Dettaglio meno ravvicinato del solito fotogramma. Si tratta di un reperto dell’House Select Committee on Assassinations.

….come vediamo nella foto n. 4, è magicamente apparsa una scatola. Osservando CE 716, foto n. 5, notiamo subito che, non solo il muretto interno è troppo stretto per fare da appoggio ad una scatola di quelle dimensioni, ma nella parte centrale il trave di sostegno della finestra occupa anche il poco spazio disponibile (vedi freccia rossa). Quindi, l’unico sostegno possibile della scatola di libri che vediamo in CE 482 era un’altra scatola posta sotto di essa. Il problema, però, è che quest’altra scatola avrebbe occupato lo spazio in cui sarebbero caduti i bossoli vuoti, che vediamo segnati dai cerchietti bianchi.

Dopo il confronto tra il fotogramma di Hughes e la foto di Tom Dillard, seguendo un ordine temporale degli eventi, sarà altrettanto interessante il raffronto tra la foto di Tom Dillard e quella scattata solo 1 o 2 minuti dopo da James Powell.

Dillard

4 – Questa foto, reperto 482 della Commissione Warren, fu scattata dal fotoreporter Tom Dillard pochi secondi dopo la fine della sparatoria. Ritrae ancora la finestra dell’angolo sud-est del sesto piano del Book Depository, presunto covo del presunto assassino Lee Harvey Oswald.

CE716

5 – E’ la stessa finestra ripresa dall’interno. La foto, reperto 716 della CW, fu scattata dal perito della polizia di Dallas. I cerchietti bianchi indicano la posizione dei 3 bossoli ritrovati.

Sebbene la foto di Powell mostri una diversa prospettiva della finestra in questione, è sufficientemente chiaro che, nel presunto covo dell’assassino, la disposizione delle scatole è cambiata. Osservando poi gli ingrandimenti, ogni eventuale dubbio svanisce.

A questo proposito vi riporto di seguito una dichiarazione del Dr. Hunt, esperto fotografico, che aveva analizzato, per conto dell’HSCA, le foto di Dillard e Powell.

Hunt nel corso della sua testimonianza davanti al Comitato, rispondendo a Mr Fithian, disse:

“La mia personale conclusione è che qualcuno, o qualcosa, mosse le scatole in quella stanza nel lasso di tempo intercorso tra gli scatti delle due foto”.

A confermare la presenza di qualcuno dietro quella finestra quando Oswald non poteva più essere lì, è la testimonianza, ignorata dagli investigatori, di Lilliam Mooneyham. Ecco cosa disse la donna, impiegata del tribunale, all’agente dell’FBI George Binney:

“Circa 4 o 5 minuti dopo la fine degli spari, guardando in su verso il deposito, vidi un uomo alla finestra del sesto piano, dietro delle scatole di cartone. L’uomo guardava fuori dalla finestra ma rimanendo indietro da essa. Per questo motivo non riuscii a scorgere il suo aspetto, ma ero sicura si trattasse di un uomo perché indossava dei pantaloni”.

Abbiamo visto, dunque, che l’esame delle poche immagini disponibili del presunto nascondiglio del cecchino, prese subito dopo il delitto, pongono in essere, rispetto alle conclusioni ufficiali, una certo numero di incongruenze e contraddizioni, che a loro volta generano diversi interrogativi. Eccone alcuni:

  1. Stando alle conclusioni ufficiali, mentre Dillard scattava la sua famosa foto, Oswald stava già scendendo i 4 piani di scale in direzione della sala mensa del 2° piano, dove avrebbe incontrato il poliziotto Baker. Chi modificò, e ripetutamente, la disposizione delle scatole dietro la finestra?
  2. Nelle foto ufficiali del covo del killer la scatola che vediamo nella foto di Dillard non c’è più. E non c’è nemmeno quella che la sosteneva. Al posto di quest’ultima ci sono dei bossoli vuoti che non potevano e non dovevano essere lì. Se anche volessimo escludere una messinscena per incastrare Oswald, chi inquinò in modo così evidente la scena del delitto? E perché? Dobbiamo credere alle solite, innocenti, quanto imperdonabili, disattenzioni degli inquirenti?

I fatti, e le immagini che ho mostrato sono fatti, ci dicono che il presunto colpevole non era dietro quella finestra mentre sparavano a Kennedy. Non avrebbe avuto alcun motivo, e soprattutto il tempo, per mettersi a spostare quelle scatole. Chi operò quella manomissione, invece, il motivo lo aveva, eccome.

Incolpare l’innocente e predestinato Lee Harvey Oswald.

Dillard2
Dillard3

6 – Foto Dillard

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7 – Foto Powell




Nota Personale (VDC) L’assassinio di John F. Kennedy rimane uno degli eventi più dibattuti del XX secolo. Che si creda alla versione ufficiale del “cecchino solitario” o si propenda per ipotesi complottiste, è fondamentale approcciarsi alla questione con rigore intellettuale, consapevoli di due distorsioni cognitive che spesso influenzano il nostro giudizio:
  1. L’Effetto dell’Informazione Errata: Esporre un soggetto a dati inaccurati prima di analizzare un evento può alterarne il ricordo o l’interpretazione, portandolo a costruire narrative coerenti con quelle informazioni iniziali. Nel caso JFK, ciò potrebbe riguardare testimonianze manipolate o documenti decontestualizzati, usati per sostenere tesi opposte.
  2. Il Bias di Conferma: Tendiamo a selezionare e valorizzare solo le prove che confermano le nostre convinzioni preesistenti, ignorando elementi contraddittori. Questo è particolarmente evidente tra chi difende a priori una teoria (ufficiale o alternativa), trasformando l’analisi storica in uno scontro ideologico.
Un Invito Alla Riflessione Per evitare queste trappole mentali, è essenziale basarsi su fatti concreti e domandarsi: quali elementi hanno riscontri oggettivi? Prendiamo ad esempio i tre colpi esplosi a Dallas:
  • La traiettoria del proiettile che colpì Kennedy e il governatore Connally, definita “ballisticamente unica” da alcuni esperti.
  • La velocità e la precisione richieste per eseguire tre colpi in 8.3 secondi con un fucile Carcano, arma nota per la sua scomodità.
  • Le incongruenze tra i rapporti autoptici e le testimonianze oculari.
Queste anomalie, prese singolarmente, potrebbero essere casualità. Ma la loro combinazione solleva interrogativi legittimi, spingendo a chiedersi: quante "coincidenze" sono necessarie prima di riconsiderare una narrazione? Restare Nel Campo della Logica Non si tratta di abbracciare ciecamente una teoria, ma di interrogare l’evidenza senza pregiudizi. La storia è piena di eventi improbabili, ma quando le improbabilità si accumulano, la ricerca della verità richiede onestà. Sia che si creda a Lee Harvey Oswald come unico colpevole, sia che si sospetti una regia occulta, l’importante è evitare scorciatoie mentali. L’invito è a preservare l’elasticità del pensiero. La verità storica spesso risiede nelle sfumature, non nelle certezze assolute. Esplorate, dubitate, confrontate le fonti—ma fatelo per voi stessi, non per confermare un’ideologia. Il resto, come sempre, appartiene alla vostra curiosità critica.